La sentenza n. 14488 del 30 maggio 2025, emessa dalla Prima Sezione Civile della Cassazione, rappresenta un passo significativo nella giurisprudenza riguardante il diritto all’oblio, stabilendo criteri più chiari per valutare le richieste di deindicizzazione dai motori di ricerca.
Il caso
Il caso in questione coinvolge un imprenditore che, dopo essere stato assolto con provvedimento definitivo nel 2015 da accuse di associazione mafiosa, ha richiesto a Google la rimozione (deindicizzazione) di articoli di stampa pubblicati negli anni 2010-2011, che lo associavano ancora alla ‘ndrangheta.
Inizialmente, il Tribunale di primo grado ha respinto la richiesta, considerando che l’interesse pubblico all’informazione fosse prevalente. La Cassazione, invece, accogliendo il ricorso dell’imprenditore, ha annullato la sentenza di primo grado e ha stabilito nuovi principi di grande rilevanza.
I principi stabiliti dalla sentenza
La Suprema Corte ha ribadito come il diritto all’oblio debba essere bilanciato con il diritto della collettività all’informazione, tuttavia ha introdotto criteri più rigorosi per questo bilanciamento, in linea con l’art. 17 del Regolamento GDPR.
Il fattore tempo
Un elemento chiave della decisione riguarda il fattore temporale. La Cassazione ha stabilito che, per valutare se una notizia sia obsoleta, non si deve considerare la data della sentenza di assoluzione (2015), ma quella di pubblicazione degli articoli originali (2010-2011). Questo approccio amplia notevolmente le possibilità di ottenere la deindicizzazione.
L’aggiornamento delle notizie come elemento decisivo
La Corte ha evidenziato che la continua reperibilità di articoli che si riferiscono a accuse penali da cui una persona è stata definitivamente assolta, senza alcun collegamento a informazioni aggiornate, può avere un “impatto sproporzionato sull’identità della persona”.
Evoluzione giurisprudenziale
Questa decisione si colloca all’interno di un filone giurisprudenziale ben consolidato, dove la Cassazione ha affrontato più volte il delicato equilibrio tra il diritto all’oblio e la libertà di informazione:
- La sentenza n. 36021 del 2023 aveva già sottolineato l’importanza di un bilanciamento caso per caso.
- L’ordinanza n. 2893 del 2023 aveva introdotto il principio di aggiornare gli articoli con note informative sui risultati dei procedimenti.
- La sentenza n. 9147 del 2020 aveva chiarito che la deindicizzazione può avvenire tenendo conto del giusto equilibrio tra gli interessi coinvolti.
Personaggi pubblici: non serve la notorietà nazionale
Un altro punto interessante di questa decisione riguarda la definizione di “personaggio pubblico”. La Cassazione ha specificato che non è necessaria una notorietà a livello nazionale, essendo sufficiente avere una certa notorietà all’interno di una comunità locale. Nel caso in questione, il fatto che il ricorrente fosse un imprenditore in corsa per le elezioni comunali era sufficiente per configurare un interesse pubblico locale.
Le implicazioni pratiche per professionisti e cittadini
Questa sentenza ha importanti conseguenze pratiche:
- Per i professionisti legali: ci sono maggiori possibilità di successo nelle richieste di deindicizzazione quando il cliente è stato definitivamente assolto.
- Per i motori di ricerca: c’è la necessità di valutare con maggiore attenzione le richieste, considerando il nuovo approccio all’aspetto temporale delle notizie.
- Per i cittadini: si offre una maggiore protezione della reputazione online dopo le assoluzioni penali definitive.
Quadro normativo di riferimento
La decisione si fonda sull’ art. 17 del Regolamento GDPR e trova ulteriore sostegno nell’ art. 64-ter del d.lgs. 271/1989, che regola specificamente il diritto all’oblio per gli imputati e le persone sottoposte a indagini che hanno ricevuto sentenze di proscioglimento.
Verso un nuovo equilibrio in Internet fra diritto all’informazione e diritto all’oblio
La sentenza della Cassazione segna un passo significativo verso un nuovo equilibrio tra diritti digitali e libertà di informazione. Il principio secondo cui “il diritto all’oblio assume nella Rete una dimensione particolare” riconosce le peculiarità del mondo digitale, dove le informazioni non vengono semplicemente ripubblicate, ma rimangono sempre accessibili. Questa decisione, pur ribadendo che il diritto all’oblio non è assoluto, fornisce strumenti di protezione più robusti per coloro che, dopo aver affrontato e superato con successo un procedimento penale, si trovano ancora online a dover fare i conti con una rappresentazione che non riflette più la realtà giudiziaria definitivamente accertata.
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